Comunità energetiche: se ne riparla a settembre
L’intervento di Jonathan Morello Ritter (Ambico / Confapi Padova) a Duezerocinquezero, Forum Nazionale dell’Energia e della Sostenibilità: «L’Italia è in ritardo. Gli imprenditori aspettano regole tecniche necessarie per investire, ma a quanto pare arriveranno solo dopo l’estate». Eppure il beneficio economico apportato dalle Cer nel Paese potrebbe raggiungere il miliardo e mezzo.
(Padova 19.05.2023) Tutto il sistema di sostegno all’impresa sembra essere in ritardo. E vale anche per le comunità energetiche, strumento per accelerare l’uso di risorse rinnovabili. Dalle ultime indiscrezioni emerse dagli incontri con GSE e associazioni sembra che le regole tecniche per l’accesso agli incentivi saranno pronte soltanto dopo l’estate. Regole, si badi bene, che sono indispensabili per spingere un sistema molto promettente e su cui stanno investendo numerose aziende e amministrazioni locali. Ma senza dati certi, soprattutto per quanto concerne i valori degli incentivi, è difficile predisporre piani. E quindi bisogna aspettare.
Nell’attesa, però, è utile riflettere su alcune questioni basilari, a partire dalle coperture finanziarie ed economiche che stanno a monte delle comunità energetiche. L’imprenditore Jonathan Morello Ritter, a capo del gruppo Ambico, ha provato a farlo nel suo intervento al Forum Nazionale dell’Energia e della Sostenibilità “Duezerocinquezero”, al Centro San Gaetano, dove è salito sul palco in qualità di presidente di Confapi Ambiente Padova. Morello Ritter ha messo in evidenza che «l’aspettativa in tema di comunità energetiche è molto alta, perché la loro diffusione può essere un vero beneficio per il sociale, per le famiglie, l’ambiente e le stesse imprese. Ma dobbiamo stare attenti a non gestire questi incentivi e queste risorse come troppe volte è accaduto in passato. Facile portare l’esempio di quanto accaduto nel 2010, quando gli incentivi al fotovoltaico hanno portato molti a investire, per poi scontrarsi con il dietrofront da parte dei governi che si sono succeduti, retromarcia che ha messo non poco in difficoltà imprese e famiglie. Non parliamo poi della più recente esperienza col Superbonus, che ha generato problemi che, come sappiamo, sono ancora presenti sia per le imprese sia per le casse dello Stato. E lo diciamo senza considerare il possibile proliferare di “professionisti improvvisati in comunità energetiche”, fenomeno che già sta emergendo nel Paese, così come era accaduto, a suo tempo, nell’edilizia. Alla luce di tutto questo credo che questa volta sia necessario fare bene i conti, in modo da stanziare le giuste risorse economiche e finanziarie che permettano al sistema delle comunità energetiche di durare a lungo».
Oltre a evidenziare questi limiti, Morello Ritter si è soffermato su cosa sta frenando l’installazione del fotovoltaico in Italia. A riguardo, la sua opinione è alquanto chiara: «Io sono un sostenitore del fotovoltaico senza incentivi. L’autoconsumo è il vero e unico risparmio in bolletta, il resto è contorno. Il freno del fotovoltaico è certamente dato da vecchie infrastrutture elettriche che le comunità energetiche dovrebbero salvaguardare, ma soprattutto dalla burocrazia. Molto è stato fatto soprattutto di recente, ma rimangono altrettanti limiti legati alla prevenzione incendi e alle soprintendenze. Ecco, io invece stanzierei risorse per semplificare questi e altri iter: sarebbero misure molto più incisive, meno costose e, ed è l’aspetto che forse più conta, strutturali».
Occorre però considerare alcuni numeri. In Italia se ne parla da anni, anche perché rappresentano un’opportunità di business importante per le utilities, ma nonostante l’interesse di imprese e cittadini rispetto al resto d’Europa si contano pochi progetti realizzati: se una nazione come la Germania conta 5.000 comunità energetiche, nello Stivale siamo a quota 86, di cui 30 attive. L’obiettivo previsto dalla normativa è ambizioso: raggiungere 5 GW di potenza installata, a fronte dei 60 MW attuali, per allinearsi alla Renewable Energy Directive della Commissione europea e traguardare il 32% di consumo energetico da fonti rinnovabili entro il 2030. Inoltre stando alle stime presenti nel working paper “Modelli per promuovere le comunità energetiche: un’opportunità per le utilities” recentemente presentato da Agici e Accenture, con 5 GW di potenza installata, le comunità energetiche potrebbero generare una riduzione di CO2 di 1,35 milioni di tonnellate e un beneficio economico tra i 1,3 e 1,5 miliardi di euro, a fronte di un investimento previsto di circa 5-7 miliardi di euro. Ma siamo sempre lì: per investire un imprenditore ha bisogno di regole certe e durature, che consentano di programmare la propria attività nel tempo senza correre il rischio di nuovi pericolosi passi indietro.
Su cosa possano fare le amministrazioni locali per incentivare le comunità energetiche, peraltro, Morello Ritter è stato molto chiaro nel suo intervento a “Duezerocinquezero”: «Ci sono due strade che possono essere portate avanti in parallelo. La prima è quella di informare e la seconda è quella mettere a disposizione superfici su cui poter realizzare queste comunità energetiche. Ad esempio, il Comune di Padova è molto avanti su questo tema e può essere preso come modello. Le CER, d’altra parte, oggi sono una sfida per la nascita di un modello di condivisione dell’energia. E proprio la zona industriale di Padova, con tutti suoi capannoni e tetti, può diventare un attore protagonista di questa iniziativa. Una volta individuato il luogo dove installare gli impianti, molti soggetti potranno attingere per l’utilizzo dell’energia non consumata. Una modalità che non solo tutela l’ambiente, ma si pone nel solco della lotta alla povertà energetica, una delle grandi sfide del futuro. Per investire, però, è necessario avere certezze e chiarezza».
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